Angelo Branduardi – Volkshaus
Angelo Branduardi: il rinascimento alla corte di Zurigo
Branduardi è un uomo di altri tempi e con questo non ci riferiamo al secolo scorso ma ad un passato ancora più lontano in cui la dolcezza della musica veniva riscoperta dopo il periodo buio del medioevo. Branduardi è un artista rinascimentale che, come fosse un menestrello alla corte di un ducano, intrattiene i commensali di un ricco banchetto, con il suo violino e le sue note dolci e romantiche.Un autore dell’amor cortese? Non proprio. Il musicista elegge i suoi testi non necessariamente parlando di amore, ma soprattutto sdoganando quelle fiabe e filastrocche che incantano i bambini trasformandone in musica la magia.
Alla Fiera dell’est
Nel 1977 scrive e compone la sua più famosa canzone (brano che vinse il premio della critica) con un ritornello che ancora oggi è memorizzato dai bambini diventando un inno globale alla musica barocca. Accompagna il suo violino in virtuosismi che accentuano le frasi continuamente ripetute in un finale che raccoglie e riassume tutto il testo del pezzo in un piccolo quadro: in ogni ciclo vitale, l’ultima parola è quella della di Dio.
Il concerto di Zurigo
Non è solo un pubblico adulto quello presente al Volkshaus di Zurigo: in prima fila una bimba attenta si concentra su queste sonorità cosi’ diverse dai toni usuali che gli youtuber propongono.Il suo violino è il vero protagonista del palco, messo al centro di tutti i musicisti che accompagneranno l’artista durante il concerto. A luci accese Branduardi entra, con la sua inconfondibile capigliatura selvaggia e barocca e da vita alla sua musica iniziando con “Si puo’ fare” testo del 1993 scritto con Vince Tempera. Gli applausi del pubblico sono dedicati alla sua performance ma anche a testi che Branduardi dedica in lingua tedesca coinvolgendo ed emozionando i suoi fan. Proponendo una scaletta dei suoi piu’ grandi successi, il lungo tempo passato ascoltando i suoi brani, fa dimenticare, appunto, l’epoca di traffico, chiasso e luci che ci aspetta al di fuori della sala.
Foto e testo di Gloria Bressan